Netflix: per alcuni un nome e una garanzia. Nel corso degli ultimi anni questa piattaforma è riuscita non solo a lanciare original series di grande successo ma ha anche dimostrato di saper dare visibilità a prodotti intriganti e di ottima fattura. The Ritual, il film britannico di cui parleremo oggi, rientra a pieno titolo in quest’ultima categoria.
Oscuri presagi
Basato sull’omonimo romanzo uscito nei paesi anglofoni nel 2011, The Ritual è un film horror che mischia in modo sapiente suggestioni, idee e atmosfere riprese di peso da autori del calibro di Stephen King e H. P. Lovecraft.
La trama della pellicola è semplice ma allo stesso tempo accattivante: un gruppo di quattro giovani decide di mettersi in viaggio nei boschi della Svezia per onorare la memoria di un amico, morto tragicamente durante una rapina. Nel corso della loro permanenza in terra scandinava il gruppo si troverà ben presto alle prese con un’oscura minaccia, una malvagia entità che vive nei boschi e che non pare essere molto amichevole con le persone che mettono piede nel suo “territorio”.
Come detto poco sopra, The Ritual riprende a piene mani da alcuni classici della letteratura e del cinema horror del passato. Questi omaggi non sono né scontati, né privi di logica ma, al contrario, riescono a rendere più robusta e credibile l’intera storia che, fino all’ultima mezz’ora, è caratterizzata da un ritmo serrato e da una tensione che si fa sempre più palpabile e oppressiva mano a mano che la vicenda si dipana di fronte ai nostri occhi.
Purtroppo nel corso dell’ultima parte della pellicola la storia prende una piega piuttosto scontata: il gruppo, braccato dal “nemico”, si troverà faccia a faccia con una serie di rivelazioni abbastanza ridicole che spezzano inevitabilmente il ritmo della vicenda. Sembra quasi che l’ultima mezz’ora sia stata aggiunta dagli sceneggiatori in tutta fretta tanto per dare un senso di chiusura all’intera opera: il finale – che non lascia alcun spazio (per fortuna) a un possibile sequel – risulta essere fortemente sottotono e sicuramente molti spettatori saranno amareggiati dalla conclusione della vicenda.
Mitologia e realismo
Se è vero che la sceneggiatura di The Ritual è caratterizzata da alti e bassi è altrettanto vero che gli attori, il setting, il montaggio e la regia risultano essere di ottima fattura.
Tutti gli attori coinvolti risultano essere perfettamente in parte: i quattro amici sono ben caratterizzati e non risultano mai né monodimensionali, né stereotipati ma al contrario parlano, litigano e si comportano in modo sempre credibile e del tutto “razionale”.
Per quanto concerne il setting, i boschi della Svezia ben si prestano a fare da sfondo a una vicenda in cui l’attesa e il panico sono i veri protagonisti. Grazie a un sapiente uso delle luci e delle ombre, ogni anfratto e angolo nascosto del bosco risulta essere decadente, spaventoso e potenzialmente foriero di sorprese inaspettate. Gli effetti speciali – pochi e ben dosati – risultano ben fatti. The Ritual non è un film in cui abbonda il gore ma, al contrario, è una pellicola in cui il vero orrore è invisibile e si nasconde tra le pieghe della psiche umana.
La regia di David Bruckner – ormai un veterano del genere horror – è solida e caratterizzata da scelte stilistiche piuttosto innovative. Il montaggio, infine, è di tipo tradizionale ma questa scelta risulta essere in linea con lo spirito dell’opera: cercare di creare un’atmosfera realistica e più “naturale” possibile.
In conclusione
The Ritual è un film non perfetto ma comunque molto godibile. E’ consigliato a chi cerca una storia in cui amicizia, brividi e mitologia si fondono in modo convincente e mai banale. Un gran peccato per il finale ma, conoscendo “di fama” il regista, sono sicuro che questo inaspettato scivolone sarà corretto nella sua prossima opera.
In conclusione
Riassunto
The Ritual è un film che riesce a convincere nonostante i suoi evidenti limiti, soprattutto nell’ultima mezz’ora. Pur non essendo un capolavoro, è consigliato a coloro che cercano un film teso, angosciante e permeato da un’atmosfera cupa e “malata”.