Nel corso degli ultimi anni, il cinema horror statunitense sta immettendo sul mercato un sempre maggior numero di film antologici. Southbound, di cui parleremo oggi, ricade totalmente in questo sottogenere ma al contempo cerca di mantenersi originale e diverso dalla massa.

Fear and regrets

Southbound è composto da cinque storie, tutte connesse tra loro e ambientante nello spazio di un giorno in un lembo quasi abbandonato di un’autostrada statunitense. Il primo e ultimo episodio -intitolati non a caso The Way Out e The Way In – fanno da cornice a tre storie in cui regnano, dolore, paranoia e follia.

Nella prima, intitolata Siren, un trio di musiciste incapperà nelle “amorevoli” cure di una stranissima famiglia che, sotto sotto, nasconde un inquietante segreto. Diretto da Roxanne Benjamin, il segmento si caratterizza per l’ottima recitazione e per la capacità di riprendere alcuni temi e stilemi già visti in altri horror, proponendoli però sotto una veste alquanto insolita e non scontata.

A questo primo “antipasto” segue The Accident in cui un automobilista, distratto perché parla al cellulare, investe accidentalmente una ragazza (della quale, però non possiamo svelare l’identità onde evitare dannosissimi spoiler). Preso dai sensi di colpa, l’uomo trasporta la ragazza nel più vicino centro medico, accompagnato dalla voce di un’operatrice del 911 che, lentamente, guiderà il malcapitato in un’avventura fatta di follia ed eccesso.

Per chiudere, la pellicola ci regala Jailbreak. La storia, totalmente incentrata sul rapporto conflittuale tra fratelli, vede come protagonista un uomo solo e disposto a tutto per ritrovare sua sorella, scomparsa da tempo. Dopo essere entrato in una battola con in mano un fucile a canne mozze, il protagonista sarà lentamente inghiottito in una voragine composta da satanismo, tatuaggi e dimensioni invisibili all’occhio umano.

Cinque destini, un solo giorno

La pellicola, che così descritta sembra essere una mescolanza di elementi all’apparenza casuali e disconnessi, è in realtà un piccolo capolavoro di “taglia e cuci” dove ogni pezzo, anche quello più piccolo e insignificante, acquista valore e senso se calato nel disegno generale dell’intera opera.

Se infatti è vero che tutte e cinque le storie vivono di vita propria, ogni singolo personaggio ha in realtà qualche rapporto più o meno diretto con i protagonisti delle altre vicende. Questo gioco di incastri e rimandi non appare mai forzato e, al contrario, acquista di valore mano a mano che ci si rende conto che nessuna delle vicende è casuale ma che tutte, nessuna esclusa, rimandano al vero significato dell’opera che viene rivelato nell’ultimo segmento, The Way In.

Come accennato prima, non è possibile fare il benché minimo spoiler ma, per chiarezza, basta ricordare che ci troviamo di fronte a un topos caro non solo alla letteratura e al cinema horror ma anche a quella fantastica. Stiamo parlando della ricorsività e delle sue possibili implicazioni sulla percezione umana e sui grandi misteri come la morte e la nascita.

L’inferno siamo noi: in conclusione

Southbound è un film che vale la pena di essere visto almeno due volte per coglierne appieno la portata. Sempre in bilico tra richiami ai classici del genere e sperimentazione, la pellicola regala agli spettatori un’esperienza completa, appagante e non scontata. Grazie all’ottima prova fornita dagli attori e dalla capacità dei registi e degli sceneggiatori di “condensare” un materiale all’apparenza anarchico e fin troppo dispersivo, Southbound si conferma come una boccata di ossigeno in un sottogenere che stava lentamente toccando il fondo.

In conclusione
  • Fattore Scimmia
  • Storia
  • Effetti
  • Presa
3.9

Riassunto

Southbound è un film molto interessante, in grado di tenere incollati alla poltrona anche gli spettatori più navigati e pronti a tutto. Nella sua costante tensione tra lucida follia e sogno febbrile, la pellicola regala alcuni momenti di ottimo cinema horror fatto “come una volta”, ovvero con pochi effetti ma tanta sostanza. Sostenuto da un cast ottimo e da alcune scelte registiche non banali, è consigliato non solo ai fans degli horror antologici ma anche a tutti quelli che sono alla ricerca di un horror innovativo ma, sotto sotto, molto più classico di quanto si possa credere.