Nel 1997 approdava sugli scaffali di tutto il mondo uno sparatutto in prima persona chiamato Shadow Warrior. Sviluppato dalla 3D Realms – autrice della saga di Duke Nukem – il gioco ci calava nei panni del ninja Lo Wang, chiamato ad affrontare il temibile Master Zilla e le sue oscure armate.
Il gioco ottenne un moderato successo ma, a differenza del “fratello maggiore” Duke Nukem, rimase comunque un titolo estremamente di nicchia e poco conosciuto. Nel 2013 la Devolver Digital riuscì a mettere le mani sulla licenza del programma e al contempo decise di affidare allo studio indipendente polacco Flying Wild Hog lo sviluppo di un reboot/remake del titolo originale, oggetto della recensione di oggi.
A little more Wang in my life…
Anche in questa nuova edizione di Shadow Warrior vestiremo i panni del mercenario ninja Lo Wang. Alle dipendenze del potente magnate nipponico Orochi Zilla, il nostro eroe sarà chiamato a recuperare le tre parti che compongono l’antica spada chiamata Nobitsura Kage che, secondo la leggenda, sarebbe l’unica arma in grado di sconfiggere demoni ed essere immortali.
Accompagnato dal demone Hoji, Wang dovrà ben presto vedersela con una serie di esseri provenienti dai regni infernali e – in un crescendo di sangue, tradimenti e colpi di scena – si troverà catapultato in una cospirazione ben più grossa del previsto…
It’s a Wang’s word. Grafica, sonoro, caratterizzazione dei personaggi
Dopo aver raccontato per sommi capi la trama del gioco, proviamo ora a soffermarci sulla grafica e sul sonoro di questo prodotto. A proposito di questo secondo punto, Shadow Warrior è caratterizzato da una colonna sonora di stampo molto classico che sottolinea in modo deciso – ma non invadente – i momenti più concitati dell’azione.
Analogo discorso può essere fatto per il doppiaggio. Il gioco è supportato da una serie di dialoghi (tutti skippabili, anche se il mio consiglio è di non farlo!) ben scritti e recitati. Un plauso particolare va a Jason Liebrecht, il doppiatore del protagonista Lo Wang. La sua caratterizzazione del personaggio, sempre in bilico tra momenti seri e battute al fulmicotone, è forse il vero e proprio “piatto forte” di questo prodotto.
A proposito del protagonista principale è bene fare un’importante precisazione. Lo Wang (e già il cognome – per chi mastica un po’ di slang inglese – dovrebbe dirci qualcosa…) è un mercenario sboccato e irriverente che, in un certo senso e senza alcuna offesa, potrebbe essere il lontano cugino asiatico di Duke Nukem.
Poco attento all’etichetta e al “politicamente corretto”, nel corso della vicenda Lo Wang inanellerà una serie di battute e di one liners alquanto memorabili che mischiano sapientemente pop culture, riferimenti alla sfera sessuale e alla politica. So bene che, nel mondo di oggi, una scelta simile potrà fare storcere il naso a molti ma, dal mio punto di vista, quest’ironia a volte “grossolana” non è mai fuori luogo e, al contrario, riesce a donare un tono di estrema leggerezza a un prodotto che, come vedremo, fa dell’esagerazione e degli “ettolitri di sangue” un suo punto di forza.
Per quanto riguarda infine il comparto grafico, Shadow Warrior è mosso da un motore denominato Road Hog Engine.
Pur avendo diversi anni sul “groppone”, il motore riesce a fare il suo “sporco” (termine non usato a caso) lavoro, regalando ai giocatori non solo modelli poligonari alquanto dettagliati (un plauso particolare va ad alcuni boss di fine livello) ma anche ambienti di gioco ricchi di particolari e di piccole e grandi finezze: onde che si infrangono in modo molto realistico sulla banchina di un porto, lapidi in un cimitero che sembrano reali e soprattutto molti effetti gore.
A proposito di quest’ultimo punto – di cui torneremo, in seguito, a parlare quando affronteremo il capitolo sul gameplay – è bene essere chiari fin da subito: Shadow Warrior è un titolo che non ha paura di mostrare sangue e interiora, a volontà. Nel corso della nostra avventura, infatti, saremo chiamati ad affettare o crivellare di colpi i nostri nemici che moriranno in modi più o meno coreografici.
Attenzione però: è vero che gli effetti trucidi abbondano ma, fortunatamente, anche i “deboli di stomaco” potranno affrontare (più o meno) in spensieratezza quest’avventura. Gli sviluppatori, infatti, in questo caso hanno volutamente abbandonato la via del realismo, optando per effetti il più delle volte esagerati e grotteschi. Personalmente, non sono un patito del gore fine a se stesso ma, in questo caso, mi sono dannatamente divertito ad affettare in modo stiloso i vari demoni che mi si paravano dinnanzi…
It’s Wang time! Gameplay
Prima di concludere dobbiamo ancora del “pezzo forte” di Shadow Warrior, ovvero il gameplay. Il gioco si configura come un classico sparatutto in prima persona nel corso del quale saremo chiamati a eliminare orde di nemici sempre più potenti e ostici.
Per quanto riguarda la struttura dei livelli, il primo particolare che occorre notare è che ogni mappa è caratterizzata da una e una sola via da percorrere. Questa “sindrome del tunnel” che purtroppo affligge da anni molti FPS è però controbilanciata dalla presenza di alcune vie secondarie che, una volta esplorate, faranno guadagnare al protagonista dei “biscotti della fortuna” (piccoli boost che, inoltre, regaleranno alcune piccole citazioni o frasi da antologia nerd) oppure statuette che, se collezionate, porteranno ad innalzare il punteggio a fine livello.
Si, avete capito bene: Shadow Warrior è un FPS che non ha paura di essere tremendamente old school. Dimenticatevi la salute che si auto rigenera o munizioni quasi infinite: qui, ragazzi, si fa sul serio. Anche a difficoltà normale, occorrerà essere molto attenti e parchi nell’uso delle armi da fuoco. Le casse di rifornimenti, pur piazzate bene, non sono poi così tante e questo ben presto porterà il giocatore ad approcciarsi ai diversi scontri in modo versatile e sempre ragionato.
Se è vero che da un lato Shadow Warrior sprona il giocatore ad affrontare a viso aperto i nemici, per poter vivere a lungo sarà necessario cercare di vincere gli scontri usando non solo la fida katana ma anche le diverse armi da fuoco e i poteri speciali che, via via, sbloccheremo nel corso dell’avventura.
Lo Wang, infatti, potrà non solo contare su di un arsenale di tutto rispetto (katana, fucile a pompa, balestra, pistola…) ma anche su alcune “mosse speciali” che verranno eseguite attraverso semplici combinazioni di tasti. Questi particolari poteri sono tutti diversi e tutti altamente letali. Si va dalla possibilità di respingere con una sorta di Force push (che fa molto Jedi) i nostri nemici fino alla creazione di un piccolo vortice che spedirà in aria i nostri avversari e, al contempo, ci lascerà liberi di affettarli/crivellarli come meglio ci aggrada…
La mescolanza tra armi da fuoco e poteri renderà ogni scontro (quasi sempre) diverso dagli altri. Forse uno dei – pochi – difetti di questo titolo è proprio insito in questo tipo di approccio che, se sulla carta, appare alquanto variegato si riduce, in fin dei conti, a trovare la miglior combinazione possibile da utilizzare che poi verrà inevitabilmente riutilizzata quasi in ogni scontro…
Un ultimo accenno va fatto ai diversi boss di fine livello che incontreremo nell’avventura. Shadow Warrior, infatti, segue una struttura molto classica e in un certo senso lineare. L’avventura è divisa infatti in capitolo e, nel corso di alcuni di essi, saremo chiamati a batterci contro alcuni mega mostri che andranno sconfitti cercando di sfruttare i loro punti deboli. Anche in questo caso, come detto poco sopra, in certi giocatori potrebbe subentrare un senso di noia, in quanto la sequenza da seguire per abbattere i diversi boss e più o meno sempre la stessa…
In conclusione
Shadow Warrior è un prodotto che, a distanza di anni, riesce ancora a dire la sua. Pur optando per un approccio alquanto old school, il gioco riesce comunque ad essere fresco, frizzante. Consigliato a chi è alla ricerca di uno sparattutto classico ma allo stesso tempo dannatamente addictive, in grado cioè di tenere incollati alla sedia per diverse ore.
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Riassunto
Shadow Warrior è un reboot/remake che convince e stupisce. Pur avendo alcuni anni sul “groppone”, il gioco ha un gameplay interessante (e, in molti frangenti, molto old school) e una curva di difficoltà ben calibrata e (quasi) mai frustrante. Il comparto grafico, pur datato, continua a reggere bene il peso degli anni e la caratterizzazione dei personaggi strapperà un sorriso ai giocatori più smaliziati.
Consigliato non solo agli amanti dell’originale ma anche a tutti quelli che cercano un’esperienza che sa mischiare sapientemente “caciara”, strategia e (becero?) umorismo.