La televisione pubblica italiana nei primi anni Novanta era un inconsapevole vulcano di emozioni, una miniera per tutti quelli che amavano i telefilm sci fi. A partire dal 1994, ad esempio, la Rai iniziò a trasmettere in chiaro le serie Star Tek: Deep Space Nine e Star Trek Voyager, destinate ad allietare per alcuni anni i nottambuli o i giovani che amavano alzarsi presto per studiare.
Nel 1992 la Rai aveva inoltre acquistato i diritti per la messa in onda di una serie televisiva sci fi intitolata Quantum Leap, tradotto nella nostra lingua come In viaggio nel tempo. Apparsa per la prima volta nel 1989 sulle frequenze della rete statunitense NBC, era stata ideata da Donald P. Belisario, autore di molte serie di successo come Knight Rider (Supercar, 1982) e Airwolf (1984).
Theorising that one could time travel within his own lifetime…
La serie, che sarebbe durata per cinque stagioni, ha come protagonista il dottor Samuel “Sam” Beckett, interpretato da Scott Bakula, fondatore di un progetto top secret denominato Quantum Leap, che ha come scopo quello di rendere possibile il viaggio nel tempo. A pochi giorni dal primo test su di un essere vivente, il dottor Beckett riceve l’infausta notizia della chiusura immediata del progetto ma, preoccupato per il futuro incerto della sua creazione, sceglie di attivare l’ancora incompleto acceleratore quantico.
Il salto indietro nel tempo ha successo ma, come accade nelle migliori storie a lunga serialità, qualcosa è comunque andato storto: il protagonista infatti non può tornare nella sua epoca e così, di episodio in episodio, si ritrova a saltare attraverso gli anni senza un apparente motivo e senza alcun controllo, impersonando di volta in volta persone comuni o, soprattutto nell’ultima serie, personaggi famosi come Elvis Presley.
Nelle sue peregrinazioni attraverso la storia americana, il dottor Beckett non è solo: è infatti aiutato dal suo computer, Ziggy, e da Albert “Al” Calavicci contrammiraglio della marina militare amico di vecchia data di Sam. Al, interpretato da Dean Stockwell, appare a Sam sotto forma di ologramma ed è l’unico punto di riferimento tra il protagonista e il suo mondo.
Hard o “soft” sci fi?
Proviamo ora a soffermarci su alcuni elementi della serie.
In primo luogo, Quantum Leap non può essere considerata una serie hard sci fi, in quanto la meccanica del viaggio nel tempo non viene mai del tutto chiarita e, anzi, nelle ultime serie assume una valenza quasi mistica e molto vicina alcuni dogmi religiosi.
Senza rivelare nulla per chi volesse provare a guardarla, possiamo solo che, ad ogni salto nel tempo, Sam prende il posto di una persona in gravi difficoltà e per poter procedere nel suo viaggio deve risolvere una faccenda delicata che spesso riguarda la sopravvivenza dello stesso “ospite”. Inoltre, la persona che di volta in volta Sam andrà a interpretare può non appartenere al suo stesso sesso o etnia e ciò apre la strada a una consistente serie di episodi in cui si trattano temi come l’omosessualità, il razzismo e il sessismo.
A kiss with History
In secondo luogo, l’intera serie è USA-centered. Pur potendo, in linea teorica, finire in qualunque posto del mondo e in qualunque epoca, il dottor Beckett si ritrova sempre negli Stati Uniti, in un’epoca compresa tra il 1953 e gli anni Ottanta del Novecento. Questa seconda limitazione è spigata in uno dei primi episodi della serie, nel quale Sam sostiene che il progetto Quantum Leap permette di viaggiare nel tempo solo in un arco compreso tra la propria data di nascita, nel suo caso il 1953, e il presente. La serie quindi, si presenta come una sorta di Come eravamo in salsa fantascientifica: in ogni episodio il dottor Beckett può avere a che fare con un personaggio che, un giorno, diventerà una celebrità oppure con un avvenimento storico che ha segnato il corso della storia americana, come lo scandalo Watergate.
Uno, nessuno… centomila?
Infine è bene ricordare l’ottima interpretazione di tutti i personaggi della serie a partire da Dean Stockwell, che riesce a dare un tocco di eccentrica personalità al suo personaggio, fino ad arrivare al protagonista. Una curiosità: Quantum Leap è stata la serie che ha consacrato Scott Bakula e che lo ha reso, negli anni Novanta, una delle celebrity più apprezzate e ammirate nella tv statunitense. Formatosi sui palcoscenici di Broadway, nel corso della serie l’attore da più volte prova della sua versatilità, riuscendo a interpretare numeri di ballo ma soprattutto canori:
Cercando di tornare a casa…
Nel corso della sua durata, Quantum Leap ha dato il via a una lunga serie di spin off tra cui vanno ricordati una collana di libri e una breve serie di fumetti ambientati nell’universo della serie. Con la chiusura della quinta e ultima stagione, Dean Stockwell e Scott Bakula hanno continuato a bazzicare, con alterne fortune, nel mondo delle serie sci fi: il primo nei panni di John Cavil nella versione moderna del classico Battlestar Galactica, il secondo nei panni del capitano Archer nella (per ora) ultima serie televisiva di Star Trek: Enterprise.
In conclusione, Quantum Leap non è esente da difetti ed è ricca di cliché tipici della sci fi anni Ottanta e Novanta ma, allo stesso tempo, appare ancora oggi come un buon mix tra fantascienza e spaccato di un’epoca (o epoche) ormai lontane.