Dalla mente di Toshihiro Nagoshi, autore dell’acclamata serie per console Yakuza, nasce uno sparatutto in terza persona intitolato Binary Domain. Il gioco mescola elementi ripresi dalla cultura occidentale e orientale, offrendo allo stesso tempo una trama accattivante e alcune innovazioni interessanti (e, purtroppo come vedremo, non sempre riuscite).

Riuscirà Sega a dare nuova linfa vitale a uno dei generi più amati (e odiati) di sempre? Proviamo a scoprirlo insieme, analizzando i pro e i contro di questo gioco.

Storia. In un futuro non troppo lontano…

Le vicende di Binary Domain ci catapulteranno in un mondo devastato dal cambiamento climatico. A causa dello scioglimento dei ghiacciai e del conseguente innalzamento degli oceani, la maggior parte del mondo e delle grandi città è stata quasi totalmente ricoperta dalle acque.

Dopo un periodo di (comprensibile) sbandamento, la razza umana ha deciso di riorganizzarsi e, aiutata da valenti androidi, è stata in grado di ricostruire grandi megalopoli sulle macerie dei vecchi centri abitati. Immerso in una nuova età dell’oro, il genere umano ha trovato pace e (apparente) benessere.

Qualcosa, però, cova sotto la cenere: le due più grandi compagnie tecnologiche votate allo sviluppo degli androidi – una statunitense e l’altra giapponese – sono sul piede di guerra e alcuni sostengono che il genio del Sol Levante Yoji Amada nasconda all’opinione pubblica un terribile segreto.

Si vocifera infatti che la sua compagnia sia stata in grado di sviluppare, nella più assoluta illegalità, alcuni androidi che almeno esteriormente assomigliano e si comportano come normali esseri umani. Quando una di queste macchine – chiamata Hollow Child – compie un massacro in territorio statunitense, l’intera comunità internazionale decide di mandare in Giappone una squadra di soldati, la Rust Crew, a investigare…

La trama del gioco, appena descritta per sommi capi, si dipanerà attraverso una lunga serie di flashback che, piano piano, sveleranno i retroscena che hanno portato la Rust Crew a finire in Giappone.

Se è vero che la storia pesca e cita a piene mani da alcuni classici del cinema, della letteratura e del mondo videoludico, va detto che Binary Domain appare comunque un prodotto ben costruito che fa della sua anima “ibrida” (mai parola fu più calzante…) il suo vero punto di forza.

Toshihiro Nagoshi fonde elementi tipicamente occidentali – soprattutto per quanto riguarda la caratterizzazione dei protagonisti – a suggestioni prese di peso della cultura orientale, come il design dei robot e di alcuni nemici che ci troveremo ad affrontare. Grazie a un sapiente lavoro di caratterizzazione, inoltre, i personaggi principali della vicenda risulteranno esserci simpatici “a pelle”, pur se a volte ci appariranno un po’ troppo corrispondenti a determinati stereotipi (l’americano deve essere un po’ ignorante, il britannico deve essere borioso e così via…).

Questo uso insistito dei cliché, anche se farà storcere il naso ad alcuni, è in verità uno dei punti forti dell’intera sceneggiatura che appare sempre in bilico tra narrazione epica e crassa comicità “anni ’80”. I protagonisti si muovono infatti in un mondo ricco di contraddizioni, frantumato e nel quale convivono apparente benessere e miseria senza limiti. Un tono sempre e solo forzatamente serioso e tetro, a mio parere, avrebbe danneggiato la vicenda che, regalando anche momenti di sano e spensierato divertimento, risulterà essere più digeribile anche a quelli che non apprezzano il genere.

Gameplay. Diritti al sodo e senza troppi fronzoli!

Come affermato in precedenza, Binary Domain è uno sparatutto in terza persona che, per certi versi, riprende (e, in parte, aggiorna) le meccaniche e le tematiche di altri titoli come la serie ArmA e, soprattutto, Gears of War.

Nei panni dell’americano Dan Marshall saremo chiamati a guidare un manipolo di soldati (umani e non) in una missione apparentemente suicida: catturare vivo Yoji Amada, lo sfuggente genio della robotica giapponese, accusato di essere a capo della più grande cospirazione mai sviluppata nella storia.

Durante i livelli che ci verranno proposti, dunque, saremo alla guida di un personaggio principale che a sua volta dovrà impartire ordini a una piccola squadra, composta da 2/3 elementi al massimo. Ognuno dei personaggi giocabili è caratterizzato da una particolare classe (heavy, scout, recon e sniper) e potrà essere customizzato in ogni minimo dettaglio.

Spendendo i crediti che accumuleremo uccidendo i vari nemici, potremo migliorare le abilità dei singoli componenti della nostra squadra, nonché rendere le loro armi più potenti ed efficaci. Ogni membro sarà dotato di un’arma principale e di una secondaria, una pistola con munizioni illimitate che, francamente, sarà praticamente inutile nel corso dell’avventura…

Binary Domain si sviluppa seguendo una struttura ben precisa e piuttosto lineare. Ogni atto di gioco è suddiviso in brevi sottomissioni in cui saremo chiamati a esplorare i diversi sobborghi della nuova Tokio, cercando al contempo di portare a termine alcuni obiettivi. Alla fine delle varie sottomissioni, inoltre, dovremo batterci con un boss “di fine livello”, il più delle volte un mecha “più cresciuto del solito”.

Talvolta, inoltre, il gioco ci offre delle piccole sezioni di guida che, pur non brillando per innovazione, risultano comunque essere intuitive e in grado di spezzare il ritmo dell’azione senza necessariamente far scendere il ritmo.

Sia nelle fasi di esplorazione che in quelle di pura battaglia si potranno notare essenzialmente due cose. In primo luogo le mappe, caratterizzate da un buon design, sono un buon misto tra il classico “corridoio con una sola entrata/uscita” e spazi più ampi e “ariosi”. Questa commistione, anche se a volte non troppo ottimale, spingerà il giocatore a non utilizzare sempre la medesima tattica nel corso delle varie battaglie.

Anche se il più delle volte il miglior approccio sarà il classico “riparati e spara”, Binary Domain si divertirà a mettere alla prova la pazienza del giocatore che, saltuariamente, verrà invitato a lanciarsi alla carica, correndo a testa bassa verso il nemico.

Il sistema di ripari offerto dal gioco, pur sapendo di “già visto”, è comunque ben fatto e riuscirà a regalare alcune ore di sano divertimento a tutti i giocatori, indipendentemente dalla loro bravura. In questo frangente, infatti, il gioco appare alquanto “guidato” e ci saranno solo rarissime occasioni nelle quali percepiremo un lieve senso di spaesamento, soprattutto nelle mappe più “ariose” nelle quali i ripari saranno piazzati in modo meno prevedibile del previsto…

Tornando a parlare delle battaglie, va detto che l’intelligenza artificiale dei nemici e dei nostri alleati apparirà a volte non del tutto calibrata a dovere. Tanto per fare alcuni esempi, solitamente i nemici cercheranno di logorare il nostro team con una classica manovra a tenaglia: uno sparuto gruppo caricherà a testa bassa mentre altre squadriglie tenteranno di prenderci ai lati.

Nelle classiche mappe “a corridoio” un tale approccio tattico potrà essere facilmente counterato attraverso l’accorto posizionamento dei nostri uomini che, il più delle volte, risponderanno sempre con prontezza ai nostri ordini.

Uso il termine “il più delle volte” non a caso: in alcuni frangenti, infatti, l’IA dei nostri alleati apparirà abbastanza lacunosa e spesso ci troveremo a dover risolvere varie delicate situazioni senza poter contare minimamente sul loro supporto. Se infatti la mira degli avversari appare quasi sempre prossima alla perfezione, lo stesso non si può dire per i nostri alleati che, inoltre, soffrono anche di un altro grosso difetto, ovvero tenderanno a posizionarsi senza alcun preavviso proprio di fronte alla nostra linea di fuoco, venendo così inesorabilmente crivellati dai nostri colpi.

Questo secondo aspetto non è affatto di poca importanza e si lega inoltre a una delle maggiori novità presentate da Binary Domain, ovvero quello che può essere definito come il “sistema-fedeltà”. Ognuno dei nostri alleati, infatti, è caratterizzato da una personalità ben definita e da un preciso livello di lealtà nei nostri confronti. Ogni qualvolta compiremo un’azione a loro sgradita, il livello di lealtà inizierà a calare e, se “tireremo troppo la corda”, potrà accadere che i nostri alleati si rifiuteranno categoricamente di eseguire i nostri ordini nel bel mezzo della battaglia.

Se, sulla carta, questo sistema appare accattivante, nella realtà di gioco il “sistema-fedeltà” è a volte fin troppo poco permissivo. Ad esempio il fuoco amico – che come abbiamo visto nasce nella maggior parte dei casi per cause del tutto accidentali e non prevedibili – viene punito in modo alquanto pesante e occorrerà fare di tutto per recuperare la fiducia perduta e per rendere nuovamente coeso il nostro team. Una maggior “pulizia” dell’IA avrebbe sicuramente giovato a questo sistema che appare quindi non sfruttato totalmente.

Grafica. Carisma… con un po’ di sbavature

Passando ora ad affrontare la grafica, occorrerà subito mettere in chiaro che Binary Domain non è stato sviluppato nativamente su PC ma è uno dei tanti porting da console. Anche se alcuni potrebbero storcere il naso, posso dire senza troppi giri di parole che la grafica di Binary Domain – pur datata – fa comunque il suo sporco dovere.

Non aspettiamoci effetti visivi di ultima generazione o tecnologie mirabolanti: i modelli poligonari utilizzati sono semplici ma allo stesso tempo convincenti e i diversi elementi che compongono le mappe di gioco sono ben caratterizzati e delineati. Le vere incertezze sorgono nel corso di alcune cutscenes – mosse dallo stesso motore di gioco – nel corso delle quali si possono notare alcune sbavature che, pur senza rovinare del tutto l’esperienza, sono comunque poco gradevoli.

Nel complesso, Binary Domain è un gioco che si lascia “gustare” anche con gli occhi: i paesaggi sporchi e desolati delle vie della vecchia Tokio lasciano ben presto spazio a basi sotterranee, vicoli scintillanti e architetture fantastiche e futuribili.

Un plauso va al design dei mecha che incontreremo nel corso del gioco: perfetti nel loro essere oversized, i vari robot che dovremo abbattere sono tutti ben caratterizzati e, visivamente, piccoli gioielli di tecnologia e design.

Comparto sonoro. Io parlo ma tu non mi comprendi…

Per quanto riguarda infine il comparto sonoro, Binary Domain si distingue per alcune scelte che, in un certo senso, appaiono alquanto innovative. In primo luogo, nel corso dei livelli che andremo ad affrontare non sarà presente (o quasi) alcun tipo di colonna sonora.

Questa scelta è stata operata per immergere ancora di più il giocatore all’interno dell’avventura. Ogni rumore, scricchiolio o esplosione aiuteranno (o metteranno in crisi, a seconda dei casi) il giocatore che dovrà ben presto imparare a riconoscere la tipologia e la direzione da cui provengono i vari suoni.

La capacità di “ascoltare la mappa di gioco” fornirà un vantaggio tattico non di poco conto e permetterà di levarsi delle notevoli soddisfazioni. A volte, il sottile limite tra la vittoria e game over passerà anche dal saper sfruttare al meglio questa peculiarità del gioco.

Un’altra menzione d’onore va fatta al doppiaggio. Le voci dei protagonisti e dei vari comprimari risultano sempre ben caratterizzate e mai fastidiose. Al contrario, l’ottimo lavoro di caratterizzazione (accenti, uso dello slang e così via) riesce nel non facile compito di regalare maggior spessore e carisma ai vari personaggi.

Se è vero che il comparto audio appare dunque soddisfacente, non si può dire la stessa cosa per una delle feature più gustose presenti nel gioco. Stiamo ovviamente parlando del sistema di riconoscimento vocale che, teoricamente, ci permetterebbe di dare ordini via microfono al nostro team.

Se questo sistema appare a prima vista innovativo e alquanto intrigante, la realtà dei fatti è diametralmente opposta. Fin dalla prima schermata, il gioco ci chiede di inserire un microfono (o un paio di cuffie dotate di microfono) per poter testare il sistema di riconoscimento vocale che, secondo gli sviluppatori, sarebbe in grado di comprendere parole sia in Inglese che in Giapponese.

La prova (o meglio le prove) che ho effettuato hanno avuto esiti disastrosi. Il gioco non solo si rifiutava di riconoscere la mia voce ma, il più delle volte, nel corso delle concitate fasi in game il sistema appariva totalmente allo sbando e, peggio, sembrava quasi divertirsi a interpretare malamente i miei comandi.

Ho notato che una delle falle più gravi – e inspiegabili – riguardava l’incapacità da parte del gioco di riconoscere comandi basilari come “yes” o “no”, generando ben presto in me un senso di frustrazione mai provato fino a quel momento.

Consiglio caldamente a chi volesse testare il gioco di NON utilizzare il sistema di riconoscimento vocale ma, al contrario, di affidarsi agli agili comandi per tastiera che risultano agili e ben studiati. Con il tasto TAB si apre infatti un piccolo menù a tendina (mai fastidioso) che ci permette di scegliere in pochi secondi le risposte o i comandi da dare alla nostra squadra.

Forse verrà presto il giorno in cui potremmo comandare la nostra squadra comodamente (e interamente) usando la nostra voce. Binary Domain prova a realizzare questo desiderio ma, purtroppo, fallisce miseramente…

In conclusione

Binary Domain, pur piagato da alcuni difetti, risulta comunque essere un titolo godibile. Anche se la longevità si attesta sulla decina di ore, il gioco riuscirà a dare delle soddisfazioni non solo ai neofiti ma anche ai “veterani” del genere.
La vera pecca risiede nell’impossibilità di usare appieno il sistema di comandi vocali per guidare il proprio team, ovvero una delle novità più gustose dell’intera opera. In sintesi: Binary Domain si aggiudica un voto oltre la sufficienza ma, purtroppo, non possiamo gridare al capolavoro…

In conclusione
  • 70%
    Scimmia - 70%
  • 70%
    Grafica - 70%
  • 70%
    Gameplay - 70%
70%

Riassunto

Binary Domain è un gioco gustoso che, pur breve (lo finiremo in poco meno di dieci ore…), risulta comunque essere divertente e appassionante. I difetti dell’opera, pur ben evidenti, non inficiano minimamente l’esperienza dei giocatori. Consigliato a chi cerca un’avventura scanzonata, un po’ sopra le righe ma che terrà incollati alla tastiera dall’inizio alla fine.