Fin dalle sue origini, il fumetto si è impossessato di un tecnica narrativa comunemente detta crossover. Letteralmente “passare dall’altra parte”, il crossover altro non è che un modo per far incontrare, scontrare e interagire personaggi che normalmente vivono oppure operano in contesti molto diversi e distanti tra loro.

Nel corso degli anni Novanta, due delle maggiori editrici di comics statunitensi – Marvel e DC – iniziarono a dare alle stampe una serie di crossovers più o meno interessanti. Nel 1994, ad esempio, uscirono due opere dedicate all’incontro tra Batman e Il Punitore.

Un eroe va alla guerra. Punisher a inizio Novanta

Prima di entrare nel merito di Deadly Knights, è meglio fare un piccolo riassunto della situazione dei due personaggi a inizio anni Novanta.

In casa Marvel, il Punitore stava vivendo un periodo di gloria e splendore. Grazie a una serie di storie “sporche”, cattive e ciniche spalmate su ben tre testate, Frank Castle stava diventando uno delle icone dell’universo Marvel, un antieroe in grado di braccare le sue prede ovunque e senza scampo.

Aiutato dal fido Microchip, una sorta di Q à la James Bond, il Punitore doveva vedersela non solo con minacce come la Mafia o la Triade cinese ma anche con nemici come Kingpin e Jigsaw, un killer dalla faccia irrimediabilmente sfregiata.

La fortuna delle storie del Punitore era soprattutto dovuta ai team che nel corso degli anni si sarebbero susseguiti alle matite e agli inchiostri. Coadiuvati dalle ottime pensate di Chuck Dixon, storyteller di alto livello, artisti del calibro di Mark Teixeira e John Romita Jr. riuscirono a plasmare un personaggio che sarebbe rimasto più o meno uguale fino alla prima parte del Duemila.

La caduta di un’icona. Batman e i primi Novanta

In casa DC, invece, la situazione appariva piuttosto complicata. Nel corso dei primi anni Novanta, infatti, la compagnia aveva deciso di adottare una politica molto interessante ma allo stesso tempo molto pericolosa sul lungo periodo. L’adagio era semplice: i supereroi non sono eterni e anche loro devono, prima o poi, fare i conti con la loro mortalità.

Tra il 1992 e il 1993 questo nuovo corso venne inaugurato da due archi narrativi: The Death of Superman e Batman: Knightfall. Se nel primo assistiamo alla morte dell’ultimo figlio di Krypton per mano del malvagio Doomsday, nel secondo ci troviamo di fronte alla prima vera e propria sconfitta del Cavaliere Oscuro.

Nel corso di Knightfall assistiamo alla caduta e alla distruzione di Batman e della sua “famiglia” per mano non solo di Bane, un supercriminale dalla forza erculea, ma anche da un nemico molto più sottile e infame: la depressione che colpisce Wayne e che lo rende incapace di agire come al solito.

Impossibilitato a combattere – e non spoilero il perché – Bruce Wayne cede il suo mantello a un giovane, Jean Paul Valley, che dopo complicate vicende diventerà il nuovo Dark Knight, più violento e arrabbiato che mai.

Lake of Fire: un’occasione sprecata?

Ma arriviamo ora a parlare del primo crossover tra Batman e Punisher, ovvero Lake of Fire. Uscita nel gennaio 1994, l’opera ci racconta il primo incontro/scontro tra i due supereroi. Giunto a Gotham City per dare la caccia a Jigsaw, intento a rendere più esteso il suo impero del crimine, Frank Castle dovrà ben presto fare i conti anche con il guardiano della città, ovvero Batman/Valley.

Se, all’apparenza, la vicenda sembra essere un ottimo punto di partenza per sviluppare un crossover di qualità, Lake of Fire si rivela essere invece un mezzo buco nell’acqua. I motivi sono molteplici: violenza fine a se stessa, disegni a volte non molto ispirati ma soprattutto la presenza di Valley nel ruolo di Batman.

Quest’ultimo, fin dalle sue origini, è sempre stato considerato dai fans come un personaggio controverso. Al netto dell’odio da fanboy “oh mioddio ma ha usurpato il mantello di Batman”, Jean Paul Valley è sempre stato un “alunno che non si applica abbastanza”, un personaggio con ottime potenzialità mai totalmente espresse.

Deadly Knights: a time to shine

Dopo la prima, deludente prova nell’ottobre 1994 Marvel e DC tornarono alla carica con un secondo crossover intitolato Deadly Knights. Questa volta, però, le cose furono pianificate in modo molto più preciso.

L’opera venne infatti affidata a un trio delle meraviglie: Chuck Dixson, John Romita Jr. e Klaus Janson. Quest’ultimo aveva inchiostrato nel corso degli anni precedenti alcuni capolavori come il ciclo di storie di Devil scritte da Frank Miller ma soprattutto quel gioiello intitolato Batman: The Dark Knight Returns.

Questa compagine di artisti non delude le aspettative e ci regala una storia tesa, mozzafiato ma anche ricca di alcuni interessanti punti psicologici.

I hate Gotham…

La trama è piuttosto semplice. Frank Castle torna nuovamente a Gotham City per dare la caccia nuovamente a Jigsaw che questa volta, però, ha deciso di allearsi con uno dei più potenti criminali di quella città: Joker.

Posto di fronte a una sfida all’apparenza impossibile da vincere, Punisher dovrà anche fare attenzione a Batman che, pur cercando di mettere fine ai piani dei due criminali, non approva minimamente i metodi brutali del vigilante newyorkese.

La storia creata da Dixon, che ha familiarità sia con Batman che con Punisher, ci viene raccontata usando la tecnica del monologo interiore. I due protagonisti non si piacciono e a più riprese si insultano ma, in fin dei conti, si rispettano anche se hanno modi di fare completamente opposti.

Se è vero che il centro della scena è preso dall’uomo pipistrello e dal vigilante con il teschio, anche i comprimari giocano nel corso della storia un ruolo molto importante. Mi sto riferendo non solo a Microchip e Robin, che hanno modo di affrontarsi in un “duello hacker” molto anni Novanta, a base di pseudo linguaggio tecnico, ma anche e soprattutto ai due antagonisti.

Only way to survive madness is to join it…

Joker e Jigsaw sono fatti uno per l’altro e trovano fin da subito una loro dimensione all’interno della storia: due malvagi all’apparenza fuori di testa ma con una logica, discutibile ma adamantina, che portano avanti fino alle estreme conseguenze.

Tale logica, assolutamente sovversiva, li rende entrambi capaci di porre ai due protagonisti (e a noi lettori) alcune domande non scontate che, in fin dei conti, molti si sono chiesti nel corso delle loro “frequentazioni” più o meno sporadiche con i protagonisti.

In tutta l’opera i due supercriminali si e ci chiedono: che cosa accomuna Frank Castle a Bruce Wayne? Non la provenienza geografica o lo status sociale ma, molto più semplicemente, il dolore. Entrambi hanno perso le loro famiglie in modo brutale ed entrambi hanno consapevolmente scelto di scendere in campo per combattere il crimine in una guerra che è e sarà sempre infinita.

Sono proprio le ultime scene, in cui Batman combatte contro Jigsaw e Castle contro Joker, a darci il polso di tutta la vicenda. Gli eroi sono vittima di pesanti mind games da parte dei due criminali e vengono messi di fronte alle loro debolezze e paure. Le domande che compaiono in filigrana in quest’ultima parte sono essenzialmente due: chi è il vero pazzo? Colui che accetta di esserlo oppure colui che, con un costume da pipistrello o un teschio dipinto sul petto, sostiene di portare la giustizia e di sradicare il male?

A queste domande, ovviamente, non viene data una risposta diretta. L’epilogo finale, corredato dall’immancabile rissa tra i due protagonisti, è agrodolce. La missione è compiuta ma qualcosa di scomodo e pesante continua a rimanere, nel fondo delle anime tormentate di quei due eroi.

A nightmare in black, red and blue

Per quanto riguarda il comparto tecnico, infine, ci troviamo di fronte a un classico esempio di fumetto anni Novanta. Il tratto sicuro e squadrato di Romita, ben riconoscibile agli appassionati del Punisher, si sposa perfettamente con le chine di Janson.

I due artisti ci regalano un incubo a colori in cui nulla è lasciato al caso. Anche se i fondali e alcuni personaggi secondari non appaiono troppo dettagliati, l’impressione finale è comunque positiva.

Concludendo

Come abbiamo visto, la storia dei crossovers tra Batman e Punisher è fatta di alti e bassi. Se Lake of Fire è facilmente skippabile, e potrebbe essere consigliato solo ai fans di vecchia data, il secondo fumetto – Deadly Knights – continua ad avere un fascino che, a mio parere, è quasi del tutto inalterato rispetto all’epoca in cui è stato pubblicato.

In un’epoca in cui molti vorrebbero uno scontro in celluloide tra i due eroi, possiamo ancora fare affidamento, per lenire l’attesa, di un’altra, fondamentale risorsa: il fumetto.