Per chi se lo fosse perso, nei primi giorni di ottobre c’è stato il keynote di Google, l’evento in cui mamma G presenta i suoi nuovi prodotti, un po’ come fanno tutte le grandi aziende tecnologiche, e noi lo abbiamo seguito in streaming su Youtube con la stessa emozione dei bambini a uno spettacolo di magia, in attesa di vedere con quale nuovo trucco la multinazionale della ricerca online ci stupirà quest’anno.

Negli ultimi anni i prodotti Google sono passati un po’ in sordina, nulla di eclatante dopo l’uscita del Nexus 5 e le prime Chromecast, i Google Glasses sono svaniti in una nuvola di vapore e sono uscite indiscrezioni sul fatto che la costruzione dei “reference” smartphone non sarebbe più stata affidata ai partner ma si sarebbe passati a una produzione in proprio. Nel frattempo, il progetto Google Cardboard ha avuto un successo planetario, così ampio da muovere colossi verso la produzione di dispositivi per il VR Mobile personalizzato (vedi Samsung & Co) riempiendo i siti di e-commerce di cloni più o meno validi di quel progetto nato come DIY.

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Uhm… Qui c’è qualcuno che trolla…

Pixel – i nuovi “Nexus”

La “fascia alta” della telefonia mobile, per il grande pubblico, è territorio di due soli competitor: Apple e Samsung. Mamma G sembra proprio voler rovinare la festa, regalandoci un device interessante e accattivante, sotto molti punti di vista.

Il nuovo smartphone si presenta in due versioni: Pixel e Pixel XL. Il primo è dotato di un display 5 pollici Full HD, il secondo di uno 5,5 pollici QHD, entrambi in Hi-Definition AMOLED. Entrambi i device avranno “sotto il cofano” il velocissimo processore Qualcomm Snapdragon 821, con 4 GB di RAM e 32 o 128 GB di memoria.
Il corpo del device è in alluminio e vetro, con sensore per l’impronta digitale sul retro, eredità degli ultimi Nexus. Per quanto riguarda i colori, mamma G regala una perla di rara bellezza: questi saranno infatti Quite Black, Very Silver e, solo in edizione limitata, Really Blue.

A parte le frecciate alla casa di Cupertino, Pixel si presenta come un device in grado di soddisfare i palati più esigenti. Per quanto riguarda la fotocamera, ad esempio, essa sarà dotata di stabilizzazione ottica e di un sensore da 12,3 megapixel da 1,55 micron, caratteristiche che in linea teorica piazzano lo smartphone ben al di sopra della concorrenza. Se a questo si aggiunge che sarà possibile salvare in cloud le proprie foto, eliminando così alla radice il problema di occupare fisicamente la memoria del device, direi che ci troviamo di fronte a una delle novità più interessanti per gli amanti della fotografia-da-smartphone. Già avete letto bene, salvare in cloud: Google non porrà limiti di spazio o risoluzione ai possessori di questi terminali, che sia la volta buona che si inizi a sfruttare la nuvola?

Dal mio punto di vista, quello di Luca, posso dire che la presentazione del nuovo smartphone mi ha convinto essenzialmente per due motivi. In primo luogo, al netto del (sacrosanto) trolling alla concorrenza, Google sembra in grado di fornirci un prodotto solido e affidabile: fotocamera baldanzosa e batteria in grado di ricaricarsi in tempi molto brevi saranno sicuramente i due punti di forza del device. In secondo luogo, da fiero possessore di un Nexus 5 (consigliatomi a suo tempo dal buon Deiv) sono convinto che anche questa volta mamma G mi regalerà un prodotto non solo curato dal punto di vista estetico ma anche per quanto riguarda gli aggiornamenti e la sua effettiva durata.L’unica nota stonata, da cittadino italico, è che Pixel è già in prevendita negli Stati Uniti, Regno Unito, Canada e Australia con un prezzo a partire da 649 dollari mentre nel nostro paese dovremmo aspettare fino al 2017. La mia scimmia è ormai vestita da astronauta ed è pronta per l’esplorazione di Marte… La vostra?

Da buon Deiv che sono, appassionato di tecnologia & co, non posso che fare un plauso al terminale che hanno mostrato e sorridere alla verace ironia verso la “casa” rivale. Il problema dei terminali Android è sempre stata la frammentazione, cosa che non veniva aiutata dalla linea Nexus, anch’essa con vari produttori a seconda del formato. Questa volta sembra che Google abbia le redini per poter condurre il mercato degli smartphone con il robottino, presentando un prodotto di classe e di fascia alta, integrato in una rosa di devices a tutto tondo e pronto per prendersi cura di noi, grazie all’assistente virtuale sempre fatto in casa. In un mercato che offre di tutto e di più, questo terminale è un ascensore magnetico per la scimmia che vive dentro di me, ma mi fermano il prezzo e il pubblico di riferimento: i Nexus vincevano anche per il prezzo competitivo affianco a delle caratteristiche uniche, oltre ad avere un feeling da “nerd” ed esclusività che si sta perdendo. Vedremo cosa ci riserverà il futuro, la scimmia intanto si gode il panorama da lassù..

Daydream View – VR

Negli ultimi anni la tecnologia VR è cresciuta parecchio. I prototipi sono diventati prodotti ma comunque di nicchia, vedremo con il Sony VR se la situazione cambierà. Intanto il pubblico consumer si è avvicinato al mondo virtuale partendo dalle cose semplici e immediate, quelle cose che funzionano sempre. Il Cardboard è stato un successo ma non poteva vivere oltre una decina di utilizzi: il cartone è scomodo, non c’è regolazione, il telefono balla, le lenti si sporcano ma soprattutto deve essere utilizzato con una mano (almeno) per tenerlo sulla faccia posizionato correttamente.

I competitor sul mobile ci hanno provato, con soluzioni più o meno brutte e scomode ma soprattutto costose, senza mai essere un serio rischio per il mercato del “vero” VR né fornendo una sensazione di avere qualcosa che sia poco più di un giocattolo da due utilizzi: la prima volta per sé e la seconda per i parenti/amici.

Daydream VR
Sexy VR in tre colorazioni

Google ci presenta quest’anno un visore che già a prima vista conquista: il telefono è saldamente attaccato, sembra comodo, sembra leggero e ha un controller incluso. Configurazione automatica, grazie all’NFC, una volta inserito il telefono dentro non dovremo preoccuparci di nulla. La scimmia sale…

La scimmia sale, il costo al lancio è sui 70$ quindi probabilmente 70€, che è altuccio ma sempre nel range “under 100” che rende qualunque cosa appetibile e senza troppo senso di colpa. Le applicazioni VR sul Playstore si sprecano e, addirittura, ci sono soluzioni per lo streaming da PC, in modo da poter giocare ai titoli PC col VR. Senza parlare delle possibilità di potersi gustare un film in tranquillità sdraiati ma con la resa di un 55 pollici… La scimmia sale…

A seguito della presentazione di questo device per la VR, la scimmia di Luca (si quella pronta per l’esplorazione del suolo marziano) ha deciso di spingersi oltre la velocità della luce, alla ricerca di strani, nuovi mondi… Tornando seri per un minuto, anche io non vedo l’ora di poter mettere le mani su questo prodotto. La VR è il mercato su cui, volenti o nolenti, si giocherà il futuro dell’intrattenimento e i suoi utilizzi sono tendenzialmente infiniti. La vera domanda è: sarà in grado mamma G di conquistare una fetta di mercato in cui i vari competitor – Sony, in primis – stanno affilando le armi? Il costo alto ma contenuto e il design ergonomico rendono questo prodotto quasi un must have per quelli che vogliono provare almeno una volta (o più volte, perché no?) l’ebbrezza di vivere in prima persona il proprio gioco preferito o immergersi completamente nella serie TV amata o nell’ultimo blockbuster di successo.

Home

Infine, hanno presentato una serie di devices per la casa secondo Google, la casa smart dove tutto è connesso. Non che ne sentissimo veramente il bisogno ma alcune idee sono interessanti e probabilmente tra una ventina di anni penseremo: “ma come facevamo senza”, un po’ come è successo con le email, i cellulari e il dentifricio.

Google HOME
Google Home, un soprammobile costoso?

Il progetto “Google HOME” comprende sia un’assistente vocale personale che una serie di devices da integrare nell’abitazione. Naturalmente tutto deve essere connesso, ed è qui che viene incontro all’utenza non troppo scafata di ip e bande di frequenze con un sistema in grado di trovare automaticamente i canali migliori per la nostra rete, evitando interferenze (e ci voleva davvero taaanto, grazie Jeesu), creare automaticamente una rete unica connettendo più access point nella stessa rete e probabilmente è pure in grado di generare una password a 256-bit sicura e non avere le classiche admin:admin / password:password che siamo tanto abituati.In coordinazione, hanno ri-presentato la Google Chromecast, che nella sua ultima incarnazione sembra essere davvero la soluzione multimediale per il salotto: fa tutto, si coordina con gli assistenti vocali e gli smartphone rendendo il Tv una postazione che neanche il ponte dell’Enterprise può avere.

Per finire, il modulo Home fa da cervello, ovvero coordina il tutto, si connette ad eventuali altri dispositivi IoT della casa e risponde ai tuoi comandi vocali: google, accendi le luci, google scalda il forno, google fammi vedere le foto delle vacanze sullo schermo del salotto. Sembra fantascienza ma è realtà, abbiamo le tecnologie per farlo, i prezzi sono accessibili, ma siamo pronti?

Siamo sicuri di voler delegare a un soprammobile la responsabilità di guardare i nostri appuntamenti, prenotarci un tavolo al ristorante, accendere le luci di casa, mostrarci i video del matrimonio di tuo fratello?

Dal mio punto di vista di Deiv, no, non proprio. In primo luogo, non è necessario e non l’ho chiesto: non siamo ancora al livello di integrazione per cui potrebbe risparmiarmi dei lavori tediosi come riempire la lavatrice o stirare le camicie. Se apprezzo alcuni elementi del sistema (la Chromecast ad esempio), d’altra parte mi eliminano il piacere di fare una ricerca attiva, va ad anestetizzare l’ultima parte di cervello per cui, già ora, se non ricordo le dosi per una besciamella vado a cercare online e non su un libro di ricette: con questo sistema non ho neanche la soddisfazione di dire poi “ho usato la ricetta che ho trovato su ilmioblogidicucina” ma come un ebete ho ripetuto quello che mi ha detto il mio soprammobile. Inoltre, mi spaventa il mondo in cui vivono @Google. Per usufruire di tutte le funzioni di Home dovrei avere gli eventi della giornata (che sia buttare la spazzatura a trovare la nonna oggi pomeriggio) segnati con le posizioni corrette, con le persone coinvolte annotate e “confermate”… come direbbero in certe community di alcune testate web: “scaffale!

Google Assistant

– Ok, Google cerca una pizzeria in zona
– L’indice Dow Jones di oggi è negativo

Ah, gli assistenti vocali. Chi non ha mai sognato di avere la propria Barbara “Oracle” Gordon o Alfred Pennyworth in tasca (e senza nemmanco avere i dollari di Mr. Wayne)? Io no o, meglio, non saprei cosa farmene!

Che cosa mi ha lasciato la presentazione di Assistant? Una sensazione di “l’alunno si applica ma potrebbe fare di meglio”. Parliamoci chiaro: Google Now, in italiano, riconosce si e no un quarto delle parole che pronunciamo. Non è un nostro improvviso e inaspettato intorpidimento della lingua ma il fatto è che, a oggi, gli assistenti vocali non sono ancora lo stato dell’arte e dovranno essere perfezionati e migliorati.

Assistant non pare da meno, in un certo senso. Presentato come evoluzione di Google Now, è descritto come un assistente che più viene utilizzato, più diventa simile alla persona che lo utilizza. In altre parole, ciò significa che Assistant memorizzerà i nostri gusti, le nostre ricerche, le nostre esigenze e selezionerà le risposte da fornire in base a ciò che più interessa all’utente. Nell’ottica della direzione di sviluppo delle IA attuali, il machine learning sembra essere la direzione scelta da bigG e non ci si poteva aspettare altro. Bisogna vedere se i dati salvati in “sicurezza” saranno usati per confezionarti la pubblicità migliore. Inoltre sembra che sia capace di capire gli elementi contestuali delle applicazioni avviati e reagire di conseguenza alle richieste. Per esempio: SMS tra Luca e Deiv per decidere dove andare a mangiare, si può attivare l’assistente vocale per trovare o valutare il posto adatto. Vedo già le puntate di Blackmirror stagione 3..

Se, in linea teorica, una tale feature sembrerebbe essere molto gustosa e potrebbe far crescere la scimmia a molti il sottoscritto, Luca, non riesce a capirne l’utilità. Google è un motore di ricerca formidabile e mi ha permesso di trovare e scoprire notizie e documenti inerenti alla professione che svolgo che, altrimenti, sarebbero stati di difficile reperibilità. Proprio perché uso spesso il motore di ricerca mi chiedo perché sembri ormai una necessità irrinunciabile il poter parlare con esso, dimenticando l’uso delle mani e, potenzialmente, affidando a quest’ultimo informazioni che, fino a poco tempo fa, ricordavamo a memoria. L’assistente vocale appare ai miei occhi al pari dio un bel giocattolino, forse utile per divertirsi di tanto in tanto ma non molto di più. Chiamatemi conservatore, se volete: credo che disponiamo di tutti i tools possibili e immaginabili per compiere ricerche sempre più precise e raffinate. Un tale assistente, mi pare, non aggiunga nulla al panorama dei tanti (troppi?) prodotti simili.

 Tornando al buon Deiv, secondo me tutta la presentazione di Google aveva come sfondo l’introduzione dell’assistente vocale: il telefono con l’assistenza vocale, il TV con l’assistente vocale, il deodorante per gli ambienti con l’assistenza vocale. Si è visto così tante volte la parola assistente che mi ha fatto sentire vecchio o bisognoso di assistenza. Parliamoci chiaro, le “assistenti vocali” (daje di nuovo) non le ha chieste nessuno ma “faceva figo” poter dire al telefono “raccontami una barzelletta” e sentire una battuta più vecchia dell’uomo di Neanderthal. Ora, sono anni che si usa solo per coercire le giovini (e ci siamo effettivamente un po’ rotti di fare brutte figure perché comunque non capirà niente e parte la ricerca su Google) che se in quelle occasioni fossi andato straight forward ci avrei messo meno tempo e forse me l’avrebbe pure data. Questo mio bieco scetticismo non migliora con la nuova assistente di Google, sarò prevenuto, sarò vecchio, sarò stanco di servizi pericolosi. Dico pericolosi non tanto perché dannosi per l’essere umano, ma perché portano avanti un’idea di vita in cui non sei più al comando dei tuoi devices ma sono loro con i servizi online a definire la tua vita. Per poter usare tutti questi prodotti assieme dovremmo vivere nella pubblicità di Google, un mondo dove non ci si confronta tra umani ma si seguono le istruzioni delle macchine. Ok, sto andando un po’ oltre, però, a piccoli passi stiamo perdendo la voglia di cercare quello che vogliamo, molto più spesso prendiamo quello che ci viene dato senza volontà di scelta e le assistenti vocali sembrano portarci sempre più da situazione “con badante a casa” a “ospizio” pronti per finire i nostri giorni, anestetizzati..
Per finire, questa conferenza ci ha spaventato, scimmiato, deluso ed emozionato ma non sappiamo effettivamente quanto di quello presentato andrà a cambiare il nostro mondo e il modo in cui vediamo le cose. L’amore per la casa del robottino ci porta a un rapporto “odi et amo”: se da un lato storciamo il naso per l’invasività che vogliono portare avanti, dall’altro apprezziamo la volontà di mettersi a confronto sullo stesso piano di una big di classe come Apple. A nostro parere, con la presentazione di questi prodotti Google ha dimostrato la capacità di mettere sul mercato prodotti, gadget e smartphones di stile (e sovraprezzati), un po’ come a dire “guardate, anche noi lo sappiamo fare: ora cercheremo però di stupirvi con qualcosa di veramente nuovo”.