Durante gli ultimi mesi del 2017 è esploso lo scandalo sulle scatole premio a pagamento all’interno dei videogiochi: realtà già sofferta dai giocatori ma divenuta insopportabile quando combinata con l’azzardo, non è sopportabile non riuscire ad ottenere bonus seppur pagando. L’argomento è confuso e vorrei arrivare a una riflessione legata a questa connessione tra il pagare di più per ottenere contenuti aggiuntivi o facilitazioni, perché spesso sono accettate se ben camuffate. Partiamo con ordine..

Micro-transazioni

L’avvento dei titoli online di massa gratuiti hanno portato meccaniche di gioco legate a difficoltà fittizie, ricordiamo la produzione a tempo di determinate strutture in strategici online, con forma di sostentamento attraverso facilitazioni, risparmi di tempo e pacchi di risorse: tutto ciò porta ad avere delle micro-transazioni durante il gioco per avere un vantaggio sugli altri giocatori. Ciò era (ed è, perché alcuni universi online sono tutt’ora giocabili) accettato, ma con l’avvento del videogioco su smartphone la situazione si è fatta pesante: tanti titoli nominalmente gratuiti hanno elementi sbloccabili al suo interno per cifre “irrisorie” che permettono agli sviluppatori di condurre vite tutt’altro che da indipendenti.

Ogame..quanti ricordi..

Qui, nonostante la natura esplicita dello scambio “soldi-vantaggi”, la base hard-core dei giocatori ha ignorato il fenomeno, definendo il mercato degli mmo via browser, poi allargato al mercato mobile, come nicchia e di non appassionati e coprendosi gli occhi con fette di prosciutto di Praga. Non si sarebbero aspettati l’avvento in casa dei..

DLC

Se nel mobile il cancro si è diffuso sotto gli occhi di tutti ma con una “giusta causa” dietro, ovvero il sostentamento degli sviluppatori che devono aggiornare il gioco gratuito, il mercato dei titoli tripla A ha visto l’arrivo di contenuti aggiuntivi a pagamento sotto forma di DLC: spesso avvicinati al concetto di espansioni, sotto il termine DLC si sono aggiunti anche veri e propri contenuti extra che permettevano una facilitazione dell’esperienza di gioco. Armi, set di armature e upgrades, fino a compagni e classi, talvolta già inclusi nel codice del gioco ma bloccabili con una transazione interna.

La situazione stava cominciando a puzzare ma l’utenza, dietro pacchetti stagionali (season pass) e preordini con contenuti esclusivi, ha chiuso gli occhi accettando questa discriminazione di contenuto. La malattia copre tutti i generi e tutti le case di sviluppo, cadendo nel caso ridicolo di titoli pubblicati non finiti e con gli ultimi livelli palesemente rilasciati in DLC mesi dopo l’uscita. 

Lootboxes

Il mercato dei DLC non ha avuto un grande successo tra i giocatori più di vecchia data, ma la nuova utenza dei primi anni 2010 si era allargata e le nuove generazioni abituate a titoli poveri narrativamente i DLC erano e sembravano manna dal cielo che aggiungeva sugo al gioco. Però, l’affiliazione ai nuovi titoli stava calando, qualcosa non stava funzionando per il meglio.

Con la diffusione del modello multy-player only, guidato da Valve con CS e TeamFortress e seguito da COD e simili, bisognava trovare un modo per collegare nuovamente l’utente al gioco, ma quando non hai una storia particolarmente interessante e sul server si è tutti uguali è difficile creare affiliazione se non supportando la bravura individuale, e quindi  soltanto nei ranghi più alti dei giocatori. La soluzione è stata quella di abbassare i ranghi, premiando tutti con contenuti esclusivi..

Così nascono le lootboxes, scatole premio, o in generale contenuti premio per le giocate: ecco i cappelli colorati, ecco le skin per le armi, ecco il gioco che passa dal “premiare chi è il più bravo” a “premiare chi ha più fortuna” o in caso degenerati “premiare chi gioca più a lungo”. Il rango o lo status sul server ora lo tiene chi ha la skin più figa, il cappello più stravagante o le armi zebrate fosforescente e in secondo piano passano le caratteristiche o abilità dell’utente. Ma il collegamento con DLC e microtransazioni, quando arriva? Non sembra di veder facilitazioni o bonus di sorta..

Verso la crisi del 2017

In questo ultimo mezzo decennio il modello si è evoluto, portando alla possibilità di ottenere pacchetti o scatole pagando con soldi reali e introducendo bonus in gioco: ecco i giocatori di calcio che si sbloccano solo tramite pacchetti, FIFA in prima linea con un modello che collega denaro e fortuna. Questo non nel 2017 ma ben prima, già dal 2012… Stiamo guardando fenomeni di massa, è possibile che in altri titoli meno diffusi ci fosse già una pratica simile ma un gioco come FIFA ha una diffusione maggiore, soprattutto nel nostro paese, rispetto ad altri titoli meno blasonati.

Negli anni a seguire le scatole a sorpresa sembrano essere una caratteristica necessaria, non più accessoria, di un titolo moderno. Addio al piacere dei contenuti al giorno di lancio, ci eravamo già a abituati a dover pagare extra per tutte le mappe e tutti gli eroi, ma ora non avremo neanche la certezza di sbloccarli tutti, chissà la “fortuna” cosa ci riserverà.

usare crediti reali per comprare crediti virtuali per comprare scatole virutali per…

La goccia che fa traboccare il vaso arriva nell’autunno 2017. Durante l’estate si annuncia che Shadow of War, il seguito di Shadow of Mordor in uscita a fine settembre, avrebbe integrato delle microtransazioni in giocatore singolo. Un titolo, pagabile a prezzo pieno che avrebbe avuto “trucchi e facilitazioni” sbloccabili per denaro sonante. Attenzione, non solo micro-transazioni ma anche scatole bonus a pagamento in un titolo giocatore singolo. Già qui la comunità dei gamers comincia a sentire la puzza e si scaglia contro gli sviluppatori, muovendosi però troppo lentamente e su un titolo ancora troppo piccolo per poter scatenare qualcosa… Pochi mesi dopo, EA aprirà un rubinetto sopra un vaso stracolmo annunciando Star Wars Battlefront 2 e il modello di business.

Sedersi su un cestino di uova aperte…

Il titolo di EA affidatogli da Disney e sviluppato in collaborazione con DICE prometteva un’azione più completa rispetto al primo capitolo e l’introduzione di combattimenti con eroi di epoche diverse sempre però dell’universo di Star Wars. L’esperienza si completa sbloccando tutti gli upgrades e gli eroi a suon di spacchetti, gratuiti giocando ma anche a pagamento. Il salto dalla padella alla brace si ebbe quando gli utenti fecero i primi calcoli per capire quanto ci volesse in termini di tempo / denaro: 2100 $ per sbloccare tutti i contenuti, anni in termini di tempo. Questo in un gioco da 60$.

Online scatta la rivolta, EA non sa dove nascondersi: provano ad abbassare i costi delle scatole, ma comunque il monte ore richiesto per sbloccare i contenuti supera le 600 ore, 4 mesi di gioco a 8 ore al giorno di gioco. Uno scandalo che si muove e diffonde in tutti i media, portando ad avere uno dei lanci più miseri per un titolo tripla A. Addirittura giunge alle orecchie di alcuni stati nazionali che decidono di iniziare delle riflessioni se le scatole premio dentro i videogiochi per ragazzi siano da considerare alla stregua del gioco d’azzardo, sebbene arrivando in alcuni casi a dover smentire la cosa. Disney vedendosi associare Star Wars al gioco d’azzardo nel periodo natalizio minaccia la revoca della licenza stellare e EA, nonostante la figura barbina già fatta Need For Speed Payback uscito il mese prima con stesso modello di business, viene costretta a rimuovere le transazioni post lancio.

Payback o PayTwice?

Quindi?

In conclusione questa storia ci insegna che bisogna stare molto attenti a come si gioca e a cosa si gioca: non solo i giocatori devono fare attenzione a come investono i loro soldi ma anche le software house rischiano quando provano modelli troppo spinti. La situazione attuale in realtà non è molto diversa da prima: EA ha preso una bastonata ma i suoi colleghi son sempre allo stesso punto. Questo non è una buona cosa a mio dire, però dobbiamo sfruttare questi fatti come una base di partenza per ricordarci che l’utenza ha un certo potere, soprattutto se in connessione con la stampa specializzata.

La riflessione non si ferma qui: in fondo i videogiochi si sono diffusi con un modello di business legato al pagare per ogni partita e giochi costruiti apposta per essere difficili o impossibili da battere in modo da far pagare di più i giocatori. Sto parlando delle vecchie e care Sale Giochi e le macchinette. Certamente l’utente in questo caso non comprava il gioco, però ad ogni partita non era garantito di riuscire ad arrivare alla fine del livello, tanto meno alla fine del gioco completo. Non vedete il collegamento? Anche in questo caso viene premiata la dedizione e quindi l’investimento di tempo/denaro nel gioco, potenzialmente peggio di un free-to-play sud coreano. Se il collegamento è palese però abbiamo un modello di gioco chiaro: nessuno si aspetterebbe di poter giocare tutti i livelli di Metal Slug inserendo 500 lire o di possedere l’arcade perché si hanno spese 50 ore sopra.

livelli mai visti..

Sinceramente, credo che il modello di business per poter guadagnare oltre alla singola vendita del titolo sia un problema di chi lo propone piuttosto che di chi ne fruisce: i giochi sono un lusso, un extra alle nostre vite, sta a noi capire come gestirli. Non mi piace però quando si vogliono inserire meccaniche di “gioco d’azzardo” in titoli rivolti anche a un pubblico di minori: so che a volte è più facile pensare queste meccaniche legate puramente al caso, ma in realtà in un ambiente deterministico quale è quello dei computer, non esiste qualcosa come la fortuna. Non esiste “il dado ha fatto 4 invece che 6”, tutto è scriptato, basta pensare che gli algoritmi più complessi che esistono al mondo sono legati alla generazione di sequenze numeriche pseudo-casuali. Per cui, quando ci presentano uno schema basato sulla fortuna, sul caso, è una presa in giro, una truffa conclamata, solo che la maggior parte della gente non se ne rende conto.

Dopo questo articolo spero di avervi delineato un quadro abbastanza completo sui contenuti extra nei videogiochi moderni, perché non abusarne e perché fare attenzione quando si spende oltre al costo del titolo per sé. Poi, potremmo comunque tornare alle nostre casette, accendere una console che ha sempre avuto come obiettivo divertire tutti, dai più giovani ai più cresciutelli, prendere un Amiibo dallo scaffale e vedere quale sorpresa ci rivelerà il forziere in Zelda: in fondo il modello di contenuto casuale a pagamento c’è chi sa implementarlo bene, o almeno ha saputo farlo accettare senza troppi intoppi…vero big N?

Belle statuette per tutti con cui avere una chance di ottenere qualche oggetto in più..