Infinity Chamber è la seconda opera come regista di Travis Milloy, noto ad alcuni per essere stato lo sceneggiatore di quell’onesto film sci-fi intitolato Pandorum (e, per favore, si evitino le facili e sapide battute sul titolo dell’opera…).

Pur profondamente diverso dall’opera uscita nel 2009, Infinity Chamber dimostra ancora una volta che nelle mani di un bravo sceneggiatore anche i cliché più abusati possono diventare spunto per la creazione di una storia complessa ma allo stesso tempo godibile e piena di ritmo.

Proviamo ora a capire meglio quali sono i pregi e i difetti che contraddistinguono questa pellicola…

In trappola

Frank Lerner è un uomo all’apparenza normale che vive una vita semplice e senza troppe distrazioni. Un giorno, poco dopo essere entrato in un bar e aver iniziato a chiacchierare con la proprietaria, l’uomo viene narcotizzato e catturato da due agenti governativi.

Risvegliatosi in una prigione di massima sicurezza, l’uomo si trova di fronte a Howard, un piccolo robot / telecamera di sicurezza che diverrà il suo unico compagno di prigionia. La cella, dotata di ogni comfort, presenta inoltre uno strano macchinario in grado di leggere nella mente dei prigionieri.

Chi è veramente Frank Lerner? Che cosa vuole il governo da lui? Riuscirà il prigioniero a fuggire dalla situazione in cui, suo malgrado, si è ritrovato?

Il potere della memoria

Infinity Chamber è un prodotto che parte da spunti già visti e li mescola in modo alquanto originale e un po’ diverso dal solito. La pellicola, che praticamente si svolge in due sole ambientazioni, è retta da una sceneggiatura che non si perde in fronzoli o in sottotrame fini a loro stesse.

Trevis Milloy dipinge con pochi ma sapienti tratti un mondo futuristico distopico, nel quale un governo tirannico controlla ogni piccolo atto della vita delle persone e dove uno sparuto manipolo di “resistenti” si oppone strenuamente a quel folle disegno.

In questa situazione agisce Frank che, prigioniero senza alcuna spiegazione plausibile, capirà ben presto che forse è possibile trovare una via di fuga da quella situazione apparentemente disperata. Tale via di fuga sarà fornita, in modi che non posso spiegare onde evitare spoiler, dalla “macchina leggi ricordi” presente nella cella del protagonista.

Questo oggetto è il vero elemento centrale dell’intera vicenda che, per così dire, si gioca su due piani: la realtà della cella e il ricordo dei pochi attimi prima della cattura. Attraverso un continuo viavai tra questi due piani di realtà, lo spettatore sarà catapultato in una vicenda in cui nulla è come sembra, ogni cosa è “manipolabile” e anche una banalissima “variazione cromatica” può cambiare il corso degli avvenimenti…

Il film, che non presenta alcuna scena d’azione degna di nota, è basato interamente sull’interazione tra il protagonista e due altri comprimari: il robot Howard e la barista Gabby. Se il primo (la cui voce in lingua originale rende omaggio a quella di HAL 9000, computer di bordo in 2001 Odissea nello spazio) è un essere artificiale che, pur dovendo seguire precise impostazioni, si scoprirà ben presto “più umano degli umani”, la barista giocherà un fondamentale nella crescita del protagonista. Pur essendo un frammento della sua memoria, la donna darà preziose indicazioni a Frank e sarà anche al centro del finale che, con un piccolo tocco di classe, rimetterà parzialmente in discussione quanto si è visto fino a quel momento…

In conclusione

Infinity Chamber è un film che fa il suo mestiere: intrattiene e racconta (bene) una storia. Tale affermazione potrebbe apparire una banalità ma, nello sconfinato panorama dei film sci-fi a basso/medio/alto budget, trovare un prodotto in grado di intrattenere lo spettatore senza perdersi in troppi fronzoli o “derive filosofeggianti” inutili… sta diventando quasi un’utopia.

Diretto ottimamente e sorretto da una fotografia pulita, Infinity Chamber è un piccolo film che sarà in grado di deliziare anche i palati più esigenti.

In conclusione
  • Scimmia
  • Storia
  • Effetti
  • Presa
4

Riassunto

Infinity Chamber è un film che, nel suo piccolo, riesce a fare quello che molte produzioni odierne ad alto budget sembrano aver dimenticato, ovvero raccontare una storia brillante, complicata ma allo stesso tempo molto semplice da seguire.
Pur non potendo contare su effetti speciali all’ultima moda, scene d’azione spettacolari o su attori di fascia alta, la pellicola è ben scritta e ben recitata. Consigliato a chi cerca un film sci-fi un po’ diverso dal solito.