Alcuni giorni fa il sito Eurogamer.it ha pubblicato un articolo intitolato Secondo un sondaggio la grafica è più importante della trama. In prima battuta, ho deciso di liquidare l’articolo con una semplice e indolore scrollata di spalle. Nei giorni successivi, però, qualcosa è cambiato e riflettendo sul sondaggio mi sono venute in mente alcune considerazioni che provo a condividere rapidamente.

Il primato del visuale: una banale verità

Partiamo dai dati grezzi. Negli scorsi mesi, l’Entertainment Software Association ha condotto un sondaggio in cui è stata posta a circa 4000 giocatori una semplice domanda, ovvero quali siano i fattori che spingono i gamers all’acquisto di un nuovo gioco.

I risultati sono riportati nell’immagine qui sotto:

Come si può notare, il 67% degli intervistati ha risposto “la grafica”. Molti, leggendo tali risultati, potrebbero iniziare a stracciarsi le vesti e a urlare allo scandalo:

Ma come? La grafica? Oh, signora mia! In che brutti tempi viviamo! Tutti a correre dietro a queste banalità, a queste sciocchezze mentre quello che è più importante viene sempre dimenticato…

Calmi, fermi tutti… Non esageriamo. Credo infatti che il 67% del campione preso in esame abbia dato la risposta più logica e “umana” possibile. Si tende a scegliere un prodotto per il suo comparto grafico, per la sua “confezione”. Tale fatto è sorprendente? La risposta è alquanto semplice: no, niente affatto.

Cerchiamo ora di fare un piccolo passo in avanti e proviamo a capire come mai così tante persone hanno dato quella risposta. Per fare ciò, mi servirò di alcuni assunti, sintetizzabili in piccole affermazioni.

Bella grafica ma… la storia?

1. Viviamo in una società dell’immagine

Il termine società dello spettacolo, coniato dal filosofo francese Guy Debord nel 1967, è ormai entrato nel linguaggio comune. Se ci pensiamo bene, la maggior parte delle nostre esperienze, in prima battuta, si basano su di un unico senso: la vista.

Ogni giorno siamo costantemente bombardati da immagini che possono contenere i più svariati messaggi. Questo magma, reso ancora più incandescente con l’avvento della Rete, è un flusso continuo, all’apparenza inarrestabile.

Che sia l’ultimo videoclip del nostro gruppo preferito, un salace meme o una preview di uno dei giochi che più aspettiamo da tempo, la nostra vita è scandita da una lunga serie di stimoli di tipo visivo, ai quali possiamo rispondere in modi molto diversi.

Questa centralità dell’immagine e della vista è ovviamente uno degli elementi su cui fa leva non solo il marketing ma anche la quasi totalità dell’industria dell’intrattenimento. Proviamo ad applicare questo assunto al mondo videoludico.

Nella mia esperienza di gamer, ho notato che la maggior parte dei miei simili, quando guarda un trailer di un gioco in uscita, cerca di comprendere se le immagini proposte siano un semplice video promozionale oppure se sono mosse dal motore di gioco.

Il primo impatto è sempre quello visivo: perché, a suo tempo, Crysis stupì così tanto? Perché un Battlefield, oggi, riesce a generare così tanta hype? Perché l’ultimo Mass Effect è stato pesantemente criticato? La risposta, cari lettori, è semplice: la grafica.

Parliamoci chiaro: qualunque nostro approccio con il reale passa quasi sempre, in prima battuta, attraverso l’uso della vista e solo in seguito entrano in gioco tutti gli altri sensi. Affermare quindi che la grafica è il primo fattore che spinge un giocatore all’acquisto di un gioco è quindi tanto banale quanto, in un certo senso, “rassicurante”. Il videogioco, così come il cinema, è un medium che si fruisce attraverso la vista e, quindi, una bella grafica aiuta il giocatore ad immedesimarsi meglio all’interno delle vicende…

Battlefield 1: graficamente molto interessante ma… voglio di più!

2. La grafica è uno mezzo, non un fine

Al discorso appena fatto devo aggiunge una piccola postilla, non di poco conto. Se è vero che in un videogioco la grafica è la prima cosa che si nota, allo stesso tempo credo fermamente che in un videogioco il vero fulcro e motore dell’intero prodotto non sia tanto il comparto grafico quanto la storia, la vicenda raccontata dal prodotto.

Proviamo a pensarci per un attimo. Immaginiamo un gioco con una grafica al limite del fotorealismo in cui ogni personaggio sembra quasi essere una persona in carne ed ossa che parla, si muove e reagisce ai nostri controlli in modo del tutto naturale. Immersi in uno scenario da mozzare il fiato, vediamo attorno a noi un paesaggio in cui l’acqua si increspa, le nuvole si muovono e tutto si comporta come nel mondo reale…

E’ questo forse un gioco? Senza una storia che sorregga tanto ben di dio, la risposta sarà un secco no. Il prodotto che ci viene presentato potrà forse essere una tech demo di un nuovo motore grafico ma di certo non un gioco, con uno sviluppo coerente e con una trama.

Tutto molto bello ma… è questo un gioco o solo una demo?

Con questo non voglio dire che la grafica non abbia la sua importanza all’interno di un videogioco ma che, al contrario, essa è un elemento utile per rendere ancora più piacevole la trama e il suo svolgimento. In altre parole, all’interno di un videogioco la grafica è uno strumento al servizio della storia e non viceversa.

Per rafforzare tale assunto, proviamo a prendere un esempio tratto, questa volta, dal mondo cinematografico. Mi riferisco a un film intitolato The Cell. Uscito nelle sale nel 2000, la pellicola vede come protagonista Jennifer Lopez ed è diretta da TARSEM, poliedrico artista autore di molti spot tv, tra i quali va ricordato questo:

La pellicola, di chiara matrice horror sci fi, fu un sonoro disastro al botteghino e fu inoltre massacrata dai critici. Il perché? Molto semplice. Per molti, il film era un chiaro esempio di “tante chiacchiere e pochi fatti”, ovvero privilegiava il solo comparto grafico e tralasciava quasi del tutto la storia, descritta come a tratti banale e risibile.

3. La grafica, da sola, non basta a fare un grande gioco

Questo trattamento à la TARSEM sembra essere ormai diventato di moda anche nel mondo videoludico: quanti sono infatti i giochi tripla A che, pur di nascondere la pochezza di idee, cerca di nascondersi dietro una grafica faraonica e “luccicante”? Purtroppo, devo dire, molti…

Sfruttando il fatto che il nostro mondo è, di fatto, un mondo dell’immagine, molti dev preferiscono puntare il tutto per tutto sul comparto grafico tralasciando (o trascurando del tutto) altri aspetti che essi ritengono poco importanti come le meccaniche di gioco o, appunto, la storia.

The Cell, diretto da TARSEM. Tutto molto bello e visivamente appagante ma… zero storia (o quasi).

Credo che non esista una formula matematica in grado di descrivere il videogioco perfetto. Sono consapevole, però, che come in altri medium, anche in ambito videoludico un buon prodotto si riconosce da una lunga serie di fattori. La grafica è uno di essi, certamente, ma non è affatto il solo elemento in grado di farci gridare al “10/10”.

Senza una buona storia, meccaniche di gioco convincenti e una longevità “sensata” (è ormai finito il tempo delle 60 ore di gioco a tutti i costi, signori miei…) il gioco non andrà da nessuna parte. Forse potrà essere ricordato per aver generato qualche innovazione in campo visivo ma… poco più.

In conclusione

Le risposte date dai videogiocatori al sondaggio sono, in definitiva, le più scontate. Ogni volta che ci approcciamo a un prodotto, la grafica sarà il primo elemento che ci colpirà e che, in un certo senso, ci farà propendere per un acquisto al day one o meno.

Allo stesso tempo, superata abbondantemente la soglia dei trent’anni, sono arrivato alla seguente conclusione: meno forma, più sostanza. Avanti, gamers… un po’ di coraggio. Proviamo a scardinare insieme il mito della bella grafica come unico metro di paragone per valutare i giochi: cresceremo tutti e “la scena” ne guadagnerà, in meglio.