In questa anteprima a 4 mani, vi proponiamo quelle che sono le nostre prime impressioni sul Game of the year 2017, il leggendario The Legend of Zelda: Breath of the Wild. Deiv e Luca hanno affrontato l’ultima avventura di Link in un periodo quasi contemporaneo approcciando il gioco in maniera differente ed elaborando qualche pensiero già dopo le prime ore di gioco. Un’anteprima non porta mai pensieri su un’esperienza completa ma spesso si collega a una futura recensione. Vediamo se saremo così scimmiati da terminare il gioco o se queste prime ore tra le verdi colline di Hyrule ci hanno annoiato e fatto desistere…

Panorami mozzafiato… Si comincia!

Oh mondo… soltanto adesso io ti guardo…

Se penso al primo avvio del gioco, le sensazioni che mi ha dato, muovere i primi passi nel plateau è stato come rivivere qualcosa di lontano ma familiare, un risveglio della realtà. Ed è così che inizia il titolo, con il risveglio di Link in questa nuova realtà, slegata dalle precedenti ma nello stesso universo degli altri titoli della saga. Creature, divinità e amicizie passate potrebbero fare capolino dietro ogni angolo e vengono presentate così bene che anche se non siamo degli avvezzi alla saga avremo modo di capire che non sono NPC randomici che interagiscono.

Il mondo è vario ed enorme… ricco di segreti, aree uniche e ben caratterizzate. Mi ha colpito la cura della mappa di gioco, con nomi per ogni lago, fiumiciattolo, collina, come fosse una mappa reale in cui culture passate abbiano esplorato e assegnato specifici nomi a seconda del contesto locale. Il mondo da una sensazione di vita che non ho mai vissuto in un gioco open-world. I viandanti si sposteranno regolarmente e forniranno supporto nelle zone lontane dai villaggi ma anche noi saremo invitati ad aiutare chi è in pericolo: libera scelta se intervenire o meno, ma l’impronta che guida il gioco è di diventare un eroe, essere un eroe e quindi immedesimarsi in una persona buona fuori da moralità corrotte o egoistiche.

Amico viandante…

La bontà si accompagna con la pucciosità, con nemici che a volte potrebbe essere difficile dichiarare realmente malvagi. Ok rubano bestiame e hanno atteggiamenti violenti contro le giovani donzelle che si avventurano nel bosco da sole alla ricerca di funghi, però sfido chiunque non sentirsi un pò in colpa quando, dopo aver spìato l’accampamento all’imbrunire, aver visto questa famiglia di boblin danzare alla luna e poi mettersi a dormire beatamente si è passati in stealth ad assassinarli uno per uno..

Gameplay

Per quanto riguarda le meccaniche di gioco, Breath of the Wild si caratterizza per essere un titolo allo stesso tempo immediato e profondo. Fin dalle prime battute si può notare che i comandi di gioco sono (quasi) ridotti all’osso. Il nostro Link si muove fluidamente nello spazio, salta, si arrampica e – dopo averlo acquisito nelle prime fasi di gioco – può planare dolcemente saltando giù da un dirupo impervio grazie a un rudimentale parapendio.

Il combat è veramente semplice ma allo stesso tempo alquanto articolato. Il button mashing selvaggio non paga per ben due ragioni: da un lato le armi sono soggette a una forte usura e quindi devono essere maneggiate con parsimonia onde evitare la loro rottura; dall’altro i nostri nemici useranno tattiche piuttosto raffinate per attaccarci e quindi sarà sempre meglio usare un po’ di sale in zucca e non solo la mera e brutale “viulenza”.

In alcuni combattimenti, poi, avere un buon timing sarà fondamentale per evitare di subire troppi danni. Le meccaniche di parata e salto all’indietro andranno maneggiate con cura e – pur risultando un po’ ostiche all’inizio – saranno fondamentali nelle fasi avanzate di gioco.

Attacco al (baby) titano!

Allo stesso tempo, la possibilità di cambiare “al volo” tra armi da taglio e arco regala una nuova dimensione “tattica” all’opera. Devo dire che mi sono tolto (Luca) alcuni sfizi notevoli, come ad esempio quello di attaccare un nemico arroccato su di una torre di guarda planandogli sulla testa e finendolo a colpi di mazza.

Ogni, arma, infine, possiede un suo “livello di potenza”: si va dai rametti d’albero (divertenti ma che non fanno male neppure a una mosca…) alle mazze ferrate, fino a passare ad armi a due mani come bastoni o picche e spade incantate dotate di poteri basati sugli elementi naturali (come elettricità, ghiaccio o fuoco). Come detto poco sopra, le armi si distruggono in modo abbastanza improvviso e il loro grado di resistenza non è così alto.

Se all’inizio questa scelta mi è parsa una limitazione messa a bella posta per fare infuriare i gamers, dopo alcune ore ho iniziato a capire che l’usura delle armi rendere ancora più evidente uno dei leitmotif dell’intero gioco, che può essere riassunto nella frase: cerca di sopravvivere, Link!

Qui ci addentriamo in un altro aspetto alquanto “gustoso” del gioco, ovvero la componente survival, e di conseguenza il crafting. Tranne le armi, gli archi, gli scudi e le frecce ogni altro elemento di gioco può essere creato dal nulla. I due esempi più interessanti riguardano il cibo e le pozioni. Il regno di Hyrule è ricco di flora e di fauna che varia a seconda della zona climatica in cui ci troveremo a viaggiare. Nelle zone boscose, ad esempio, ci sarà maggior possibilità di incontrare cervi e cinghiali, mentre nelle aree desertiche troveremo meloni, cactus e una serie di piante notturne (si, il gioco segue un ciclo di crescita basato sul giorno e la notte…).

Gli ingredienti che raccoglieremo potranno essere consumati freschi oppure potranno essere “trasformati” usando l’ambiente di gioco a nostro vantaggio. Gettando un pezzo di carne in una zona ghiacciata, questo si congelerà istantaneamente, mentre se butteremo un pesce fresco in un calderone verrà cucinato a puntino. Ovviamente, a volte, mescolando ingredienti troppo diversi si potranno creare dei pasticci quasi al limite del mangiabile… La chiave è una: provare, provare e provare ancora una volta!

MI cucino una bella zuppa… Ne ho tanto bisogno!

Allo stesso modo, sarà possibile combinare le parti (occhi, ali, code, zanne…) dei mostri che avremo sconfitto per creare delle particolari pozioni in grado non solo di aumentare la nostra vitalità ma anche proteggerci dal freddo, dal caldo, dalle scariche elettriche lanciate dai nemici o dai fulmini e così via…

L’ultimo elemento che mi ha favorevolmente colpito è la struttura non lineare dell’opera. Dopo il nostro risveglio, saremo caldamente invitati a recarci verso un villaggio non molto distante da dove ci troviamo per poter raccogliere maggiori informazioni su quello che ci è accaduto. Come detto: questo è quello che ci viene “consigliato”… ma non siamo minimamente obbligati a seguire quello che ci viene detto.

Breath of the Wild riesce nella non facile impresa di rendere il genere open world ancora più “aperto”. Pur utilizzando alcune meccaniche ormai tipiche del genere – ad esempio quella di dover “liberare” delle torri per sbloccare nuovi pezzi della mappa – il gioco è paragonabile ha una pallina di plastilina, modificabile e plasmabile secondo le proprie esigenze.

La libertà che viene infatti offerta ai giocatori è quasi illimitata (e non sto esagerando): Hyrule è un mondo selvaggio, in rovina, dove vestigia di un passato glorioso si mescolano ad aree infestate da nemici di ogni sorta, che variano a seconda dell’ora del giorno.

L’orizzonte è il nostro limite…

Ho provato a testare questa meccanica e, fin dall’inizio della mia prima run, ho deciso di NON seguire quanto detto dagli NPC ma al contrario di scoprire il mondo di gioco secondo un percorso creato dalla mia mente. L’esperienza è stata, devo dire, formativa: alcune aree sono risultate immediatamente proibitive a causa non solo della presenza di nemici troppo forti ma anche perché non possedevo ancora le armature / pozioni necessarie per sopravvivere… Anche se gli ostacoli posti di fronte a me erano quasi insormontabili, il senso di frustrazione non è mai stato troppo alto.

Invece io (Deiv) ho cercato di darmi un contegno, stare alle regole del gioco (almeno finché ce le suggerisce) per poi dedicarmi al vagabondaggio una volta che mi fossero state spiegate le meccaniche base e una direzione di trama da seguire. Questo ha portato a una diversa esperienza che non so se dire propriamente paghi il tempo trascorso…

Non è tutto (Kok)oro quello che luccica…

Dopo aver mostrato in sintesi gli aspetti che ci hanno maggiormente colpito del gioco, tocca ora affrontare quegli elementi che ci hanno lasciato un po’ interdetti. Posso dire (Luca) che la trama è forse la nota più dolente fra tutte. Breath of the Wild non è un titolo story driven ma, al contrario, sembra quasi volutamente lasciare in secondo piano questo aspetto.

A differenza di altri giochi open world – dove, alla fine della fiera, si era obbligati a portare avanti la main quest e non si poteva cincischiare troppo – Breath of the Wild opta per un approccio totalmente diverso. La trama pare quasi un pretesto, una scusa bella e buona: ciò che conta è immergersi nel mondo di gioco, viverlo fino in fondo, sperimentare, scoprire…

Questa scelta – in linea di principio molto sfiziosa e sui generis – alla lunga mostra però tutti i suoi limiti e le sue carenze. In primo luogo, la sensazione che ho provato dopo diverse ore di gioco è quella di essere di fronte a un mondo descritto e narrato in modo “stiloso” ma che, sotto sotto, è in verità parzialmente vuoto e artefatto. Un esempio su tutti? I personaggi e le cutscenes.

Queste ultime sono veramente poche e, pur di ottima fattura, risultano comunque fredde e fin troppo “meccaniche”. I personaggi – siano essi antagonisti o alleati – non brillano per carisma e al contrario non fanno altro che accentuare questo senso di piattezza e di mancanza di ispirazione.

Bello tutto ma… dannatamente “senz’anima”…

Altro elemento che mi ha fatto storcere il naso riguarda la quasi assoluta mancanza di un reale pericolo. Sappiamo bene che il nostro obiettivo finale è sconfiggere il temibile Ganon ma, nel corso delle nostre peregrinazioni nel regno di Hyrule, non sentiremo mai veramente sulle nostre spalle il “peso” di questa responsabilità. Va bene la storia narrata in modo non lineare, va bene l’uso di topos presi di peso dalla letteratura classica ma… se l’eroe non è motivato nel compiere la sua missione, perché dovrebbe esserlo il giocatore? Il senso di immersività, così tanto potente in altri frangenti, qui subisce una forte battuta di arresto e, in alcuni punti della storia, sono arrivato a chiedermi: ma perché diavolo sto andando avanti in quest’avventura?  

Parlando di andare avanti nell’avventura, superata la presentazione dei gadget e abilitazione di tutte le abilità si viene lasciati liberi di scegliere quali obiettivi portare avanti per primi e se portarli avanti, se vagare nel mondo alla ricerca di tutti i sacrari, o se buttarsi contro il terribile Ganon. Se questo permette di avere sempre una porta aperta per la conclusione del gioco, da un’altra parte rende fine a se stessa l’esplorazione del mondo di gioco. Assieme alla mancanza di un vero pericolo imminente, quindi nessuna sensazione di urgenza, si arriva a perdersi in un mondo affascinante ma su cui non si vede l’impatto delle nostre azioni… o almeno per il momento…

In conclusione

Siamo ancora in un’anteprima e queste sono le nostre prime impressioni, ben lungi dall’end game. Ci siamo accordati di tirare due idee a quella che crediamo sia 1/4 della storia principale e senza aver sbloccato tutte le aree o nemici/alleati. Non è una recensione, solo un primo sguardo, con l’intenzione di arrivare a una recensione più approfondita e magari dove smentiamo alcuni nostri pensieri.

Breath of the Wild è a mio parere (Luca) un’avventura ricca ma allo stesso tempo povera di contenuti. Quest’affermazione, volutamente paradossale, esprime al meglio quello che penso di questo titolo: se da un lato la grande libertà lasciata al giocatore è uno stimolo per vivere in prima persona il mondo di gioco, dall’altro l’assenza di una storia “di spessore” rappresenta un problema non di poco conto.

Se nelle prime ore di gioco sono stato guidato dallo stupore e dalla meraviglia, ben presto è subentrato in me un forte sentimento di noia. Il “cazzeggio creativo” si è ben presto trasformato in un tedioso e ripetitivo “acquista più vitalità / risparmia le armi migliori per il finale / abbatti le “bestie” / risolvi gli enigmi degli shrine“.

Scopro uno shrine, lo esploro…

In altre parole, l’ultimo capitolo delle avventure di Link e Zelda risulta essere coraggiosamente innovativo ma, contemporaneamente, fin troppo dispersivo e privo di carisma: non lo posso bocciare ma neppure promuovere a pieni voti…

A parer mio (Deiv), l’ultima avventura di Zelda ha un fascino e una cura dei dettagli che rendono il titolo una pietra miliare nel genere dei video giochi a mondo aperto. Il vero gioco non sembra essere vivere l’avventura della storia quanto vivere l’avventura per sé (il the wild nel titolo acquista un senso). Se questo può sembrare interessante, al momento mi lascia un leggero malcontento per quanto riguarda i contenuti legati alla storia, al motivo per cui combattiamo, allo spessore delle nostre relazioni con gli altri NPC, ma forse non sarebbe stato uno Zelda ma un Final Fantasy…